Di Daniela Piccolotto
C’è uno stato di profondo disagio nei ragazzi, adolescenti e oltre, in questa società, tutta esterna e ormai priva di spiritualità. Constatarlo è il punto di partenza per una possibile azione di aiuto nei loro confronti.
Da dove dovremmo partire? Dai luoghi comuni (non ci sono più valori, i genitori non insegnano, i ragazzi non hanno ideali) o da una disamina attenta e senza preconcetti del processo che ci ha condotti fin qui?
Non esistono risposte esaustive a questa domanda, né ricette magiche per porre rimedio al disagio. Ciò che si può fare, come si diceva, è constatare. Constatare, ossia osservare, prendere atto, senza giudizio, con lo sguardo chiaro, con lucidità, con benevolenza e voglia di capire.
I ragazzi si sentono soli, o meglio, vengono lasciati soli. La scuola non li allena più a sviluppare senso critico, a comprendere le loro specifiche inclinazioni, ad ampliare lo sguardo. Li vuole tutti uguali, ossequiosi verso ciò che è oggi socialmente ritenuto giusto, accettabile, esternabile. Gli adulti, un tempo guide sicure e capaci di dare esempi degni di apprezzamento, oggi non di rado si rivelano patetici narcisisti votati all’omologazione e all’apparenza.
Nel mezzo di questa latitanza – della scuola, dei genitori, di autorità morali, di esempi a cui guardare con rispetto e fiducia – i giovani sono apatici, tristi, senza desideri.
Il desiderio, non inteso come mera aspirazione a beni materiali, ma come potente motore di vita e progettualità non li visita – come ben spiega lo psicanalista Recalcati – e così, disorientati, i giovani oscillano tra il rifiuto di quello che c’è fuori, isolandosi, e la rabbia che, non di rado purtroppo, degenera in violenza (contro gli altri e contro se stessi).
L’involuzione della società negli ultimi decenni ha giocato, indubbiamente, un ruolo chiave nella realtà del mondo giovanile.
L’eccesso di consumo di beni spesso (quasi sempre) superflui e non durevoli, parallelamente ad un distacco sempre più marcato dalla spiritualità da parte dell’essere umano (nel senso di una spiritualità autentica e personale che faccia parte integrante della propria evoluzione, non di mode new age, anch’esse fenomeni di marketing), hanno sicuramente creato il terreno idoneo all’insorgere di molti disagi e situazioni di sofferenza psico-fisica (e non solo nei più giovani).
Occorre quindi aiutare i ragazzi a recuperare un senso di sé e della propria esistenza, attraverso la cura del corpo (sport e contatto con la natura) e dell’anima, ossia della propria unicità e autonomia di pensiero.
Non è facile individuare le modalità con cui portare avanti questo arduo compito, ma sicuramente non è un progetto rimandabile se vogliamo che i nostri ragazzi cooperino e si impegnino per essere portatori di cambiamento e benessere in una società ormai così distante dalla vera natura dell’uomo.