L’eroe radicato teso verso il futuro
L’eroe radicato teso verso il futuro

L’eroe radicato teso verso il futuro

Di Maria Antonova

Nel corso delle epoche, molte società hanno elaborato la figura dell’eroe come modello centrale di identità maschile e struttura valoriale. Dall’epopea omerica al samurai giapponese, dal cavaliere medievale al partigiano del Novecento, l’eroe ha incarnato una tensione verso l’ordine, il coraggio e il sacrificio. La sua virilità, però, non è mai stata intesa come sola forza fisica, ma piuttosto come un’energia integrata, capace di tenere insieme corpo, spirito e responsabilità sociale.

In questa prospettiva, l’eroe rappresenta una figura radicata nella comunità, nella memoria collettiva e in un sistema simbolico condiviso. La sua forza non è individualistica, bensì relazionale. L’eroe agisce in nome di un valore superiore, che sia la patria, la giustizia o il destino spirituale.

Secondo l’antropologia culturale, ogni società costruisce le sue élite simboliche, figure che incarnano il modello di ciò che è desiderabile o auspicabile. In molte culture tradizionali, questa figura è legata alla guerra, al rito e alla fondazione dell’ordine. L’eroe è spesso anche un iniziato che attraversa una crisi, reale o simbolica, affronta il caos e ne riemerge trasformato. La modernità ha progressivamente marginalizzato questa figura, sostituendola con modelli di efficienza tecnica, conformismo civile o successo economico. L’eroismo si è trasformato in spettacolo, l’azione in procedura.

L’antropologo Arnold van Gennep ha mostrato come ogni passaggio di status, in una società tradizionale, fosse segnato da riti di passaggio. Oggi, molti di questi riti sono assenti o ridotti a forme burocratiche. In questo scenario, il maschile si trova spesso privo di riferimenti profondi in cui la virilità, come responsabilità e forza creatrice, lascia il posto a modelli ambigui, a volte caricaturali.

Pur riconoscendo le controversie legate a Evola, nel suo pensiero troviamo due forme di eroismo: quello solare, spirituale e trascendente, e quello tellurico, materiale e radicato nella terra.

L’eroismo solare eleva l’azione a un gesto di ascesi e superamento spirituale, mentre quello tellurico è legato alla forza vitale e all’impegno concreto, senza aspirazioni trascendenti. Non sono opposti, ma complementari. L’eroe ideale unisce la forza materiale del tellurico con la dimensione spirituale del solare, trasformando l’azione in un atto di fondazione orientato alla verticalità e alla trascendenza dell’essere umano ordinario.

Oggi siamo di fronte a una crescente disintegrazione simbolica, l’assenza di riferimenti forti genera insicurezza identitaria. L’autorità viene percepita come sospetta, la leadership come prevaricazione. L’immagine dell’uomo che assume il rischio, che sceglie e agisce, è spesso osteggiata in nome di un’idea astratta di neutralità.

Oswald Spengler osservava che “l’uomo è diventato una larva dell’umanità, un parassita di sé stesso”. Una diagnosi dura, ma in parte confermata dall’atomizzazione dell’individuo contemporaneo, sempre più isolato, performante e svincolato da legami comunitari.

Eppure, in tempi di crisi, riemerge la necessità dell’eroe, non come nostalgico restauratore del passato, ma come figura capace di fondare un nuovo ordine. L’eroe contemporaneo non cerca il consenso, ma la verità. Agisce dove la società esita, e nel farlo si carica del destino degli altri.

Nikolaj Berdjaev ha scritto che “l’idea dell’eroe è l’idea dell’uomo come puro spirito, capace di elevarsi al di sopra delle convenzioni e dei limiti imposti dalla società”. In questa ottica, l’eroismo non è evasione dalla realtà, ma suo superamento. È un gesto radicale, ma non irrazionale. È fondazione.

L’uomo eroico, nella sua forma integrale, rappresenta oggi una figura necessaria per il riequilibrio simbolico della modernità. In un’epoca dove tutto si disgrega, dalle relazioni alla politica, dalle istituzioni educative alle identità sessuali, l’eroe non è un mito del passato ma un archetipo vivo.

È colui che tiene insieme radici e orizzonte, tradizione e progetto. La sua azione è rigenerativa. Lontano dal culto della nostalgia, si pone come possibilità di una nuova fondazione dell’umano.

Non di tratta di difendere la virilità come stereotipo, ma riscoprirla come energia creativa, spirituale, ordinatrice. Un’energia capace di servire, proteggere e fondare. Un eroe radicato ma teso verso il futuro.