Di Andrea Giumetti
Temple Ov Ghosts è un vinile che trasporta l’ascoltatore in un mondo sonoro oscuro e affascinante. Questo progetto musicale, firmato Tyler Ov Gaia, esplora la connessione tra passato e presente, evocando atmosfere immersive con una sonorità sperimentale e avvolgente.
La suggestione del fantasma e il passato che creiamo
Nella nostra immaginazione, il fantasma è qualcosa che immediatamente si associa ad un vago senso di antichità, eppure questo non è necessariamente vero. Questo è forse frutto di quel particolarissimo bias cognitivo per cui noi, protagonisti inconsapevoli della nostra vita, tendiamo a concepirla nel presente e rivolta al futuro, senza realizzare che invece produciamo costantemente passato? Domande probabilmente senza risposta.
Tuttavia, è certo che chi è nato negli ultimi 20 anni dello scorso millennio, anche se magari non se ne è accorto, ha visto finire un mondo. L’epoca della speranza verso il futuro e della sperimentazione ha purtroppo ceduto il passo a quella della paura e dell’entusiasmo forzato, in cui stancamente si ripropongono logiche commerciali e impalcature estetiche vuote e senza significato.
Sonorità che evocano il passato remoto
È incredibilmente curioso come sia possibile che un periodo che comunque era caratterizzato da plastica, pubblicità, accelerazione e digitale, ci sembri un passato così remoto a fronte del presente.
Allo stesso modo, questa stregoneria si ripropone nel modo in cui alcuni suoni prodotti con strumenti moderni siano in grado di evocare scenari e suggestioni che rimandano al passato.
Come il repertorio sonoro che noi istintivamente associamo al Far West è frutto della composizione orchestrale di Ennio Morricone, allo stesso modo l’ultima fatica di Tyler Ov Gaia tesse gli strumenti digitali all’interno di una sonorità che fa viaggiare orecchio e mente in quel passato che è assieme vicino e lontano.
Temple Ov Ghosts: tre tracce che raccontano un viaggio
Il vinile Temple Ov Ghosts, che è uscito in commercio nei primi giorni di giugno, è composto da tre tracce musicali molto particolari, sufficientemente differenziate da tenere l’orecchio attivo, e al tempo stesso unite da una comune base sonora che evoca la taglia artistica di quelle produzioni cinematografiche, ma anche videoludiche, che raccontavano ucronie dal sapore assieme medioevale e punk.
Il fil rouge è bizzarro, ma nondimeno si colloca all’interno di un filone di sperimentazione che ha dei precedenti illustri nella colonna sonora techno di altissimo livello che accompagnava la pellicola Beowulf di Gram Baker (1999), ma anche nelle eteriche tracce di accompagnamento del videogame Excalibur 2555 AD.
La sequenza dei brani suscita l’impressione di stare compiendo un viaggio attraverso un antico e buio maniero: la prima traccia ci introduce attraverso le pesanti porte di un maniero in un atrio immerso nella penombra, e segna l’inizio dell’esplorazione tra antiche pietre, misteriosi reperti e stralci di arazzi.
In questa fase la musica ci parla dell’alternarsi tra la paura dell’ignoto, e l’ancestrale senso di curiosità che spinge verso l’esplorazione.
Un crescendo di tensione e mistero
Nel secondo brano, la penombra lascia il posto all’oscurità di corridoi sotterranei scavati nella pietra; una sorta di incarnazione del processo con cui l’adrenalina cede il passo alla metabolizzazione della realizzazione del pericolo.
C’è la presa di coscienza delle difficoltà e dei potenziali pericoli che il buio d’innanzi a noi può nascondere, ma anche di quanto sia ormai lunga, e continui ad allungarsi man mano che avanziamo, anzi, che scendiamo nel sottosuolo, la strada dietro di noi.
Il tempio dei fantasmi: una conclusione magnetica
E infine, ecco il nostro premio nella terza traccia del vinile: dopo i corridoi bui siamo arrivati nelle antiche caverne naturali che custodiscono il vero tempio dei fantasmi.
L’arcano senso di meraviglia prende il sopravvento sui dubbi, e l’esplorazione ormai verrà portata avanti fino alla sua conclusione, anche ignorando i suoni discordanti e graffianti, prodotti dagli eterei abitatori del luogo.
Il viaggio deve arrivare alla sua conclusione, e non a caso il brano è molto attento a far sì che il loop ritorni ogni volta simile, ma leggermente diverso: forse a suggerire che, sebbene noi siamo persone che vivono in un tempo diverso, giustappunto futuro, nondimeno nel profondo siamo esseri umani nella stessa e identica maniera in cui lo erano gli abitanti del tempio, ormai defunti.
Tra reale e irreale, un ponte musicale
Temple Ov Ghosts è un gioco della campana che salta costantemente tra il reale e l’irreale, tra il futuro e il riverbero del passato, riprendendo in musica, per l’appunto, quel filone assurdamente sperimentale che in qualche misura si è impresso nella nostra psiche in maniera subconscia.
Ed è proprio grazie a questa sua dualità tra concettualità remote e tecnica modernissima che risulta adatto ad un ascolto sia dentro lo spazio protetto dei club, che nel misero e speranzoso mondo di fuori.