Eleuteria al cimitero degli Inglesi
Eleuteria al cimitero degli Inglesi

Eleuteria al cimitero degli Inglesi

 

 

La passione per i luoghi tranquilli, la letteratura inglese e il macabro conduce Eleuteria al cimitero acattolico di Roma, un tempo noto in maniera più poetica come cimitero degli Inglesi (nonostante i suoi “ospiti” non siano tutti cittadini britannici). Esso sorge nel quartiere Testaccio, accanto alla Piramide Cestia e a Porta San Paolo. Nacque intorno alla metà del ‘700 dall’esigenza di dare sepoltura ai non cattolici, ai suicidi e agli attori che non potevano essere seppelliti in terra consacrata e potevano trovare sepoltura dunque soltanto al di fuori delle mura cittadine.

Chi non ama questo tipo di turismo lo troverà strano, ma per Eleuteria il cimitero degli Inglesi è un vero paradiso. Piccolo e raccolto, una metà occupata da un verde prato con tanto di panchina, cipressi che svettano qua e là e gatti che prendono il sole sulle tombe: sembra di trovarsi proprio in Gran Bretagna. Henry James lo descrisse così: “Una mescolanza di lacrime e sorrisi, di pietre e di fiori, di cipressi in lutto e di cielo luminoso, che ci dà l’impressione di volgere uno sguardo alla morte dal lato più felice della tomba.”

Nella metà del cimitero occupata quasi per intero dal prato sorge la tomba del celeberrimo poeta inglese John Keats, morto di tubercolosi nel 1821 ad appena venticinque anni. In seguito a sue disposizioni sulla sua lapide si legge “Here lies one whose name was writ in water.” Poco più in là la risposta di un ammiratore: “Keats! Se il tuo caro nome fu scritto sull’acqua, ogni goccia è caduta dal volto di chi ti piange.”

La tomba che però colpisce di più Eleuteria si trova nella parte “più affollata” del cimitero e per raggiungerla si deve salire nella sua parte più alta: si tratta dell’ultima dimora di Percy Bysshe Shelley, uno dei maggiori poeti romantici inglesi nonché marito di Mary Wollstonecraft Shelley, l’autrice di “Frankenstein”. Shelley morì in mare durante una tempesta nel 1822 e il suo corpo venne ritrovato sulla spiaggia di Viareggio. Su quella stessa spiaggia il suo corpo venne cremato dagli amici George Byron, Leigh Hunt ed Edward Trelawny. Quest’ultimo si gettò nella pira e riuscì a sottrarne il cuore di Shelley, che venne consegnato alla moglie. Ella lo custodì fino alla sua morte, momento in cui il cuore di Percy venne sepolto insieme a lei a Bornemouth. Le ceneri del poeta sono invece sepolte, appunto, nel cimitero acattolico di Roma e sulla lapide si leggono dei versi tratti da “La tempesta” di Shakespeare, a ricordo delle circostanze in cui avvenne la sua morte: “Nothing of him that doth fade / but doth suffer a sea change / into something rich and strange.” Nello stesso momento della sepoltura l’amico Trelawny acquistò il lotto di terra accanto alla tomba di Percy, dove verrà sepolto circa sessant’anni dopo. Sulla sua lapide volle apporre uno stralcio dell’opera “Epitaph”, scritta dall’amico: “These are two friends whose lives were undivided: so let their memory be, now they have glided under the grave: let not their bones be parted, for their two hearts in life were single-hearted.” Che dire, questa storia di grande amore e amicizia, perfettamente calata nell’epoca romantica in cui è avvenuta, non può che restare profondamente impressa nell’animo di Eleuteria!

Nel cimitero degli Inglesi sono sepolti anche illustri italiani battezzati cattolici che hanno avuto questo privilegio per via delle circostanze della loro vita o della cultura alternativa espressa nelle loro opere (“straniera” dunque rispetto alla cultura dominante). Vi troviamo infatti il “signore della prosa” Carlo Emilio Gadda, Emilio Lussu, Arnoldo Foà e soprattutto Antonio Gramsci. Gramsci ebbe la possibilità di esservi sepolto poiché sposato con una donna ortodossa. “Uno straccetto rosso, come quello/ arrotolato al collo ai partigiani/ e, presso l’urna, sul terreno cereo, / diversamente rossi, due gerani. / Lì tu stai, bandito e con dura eleganza/ non cattolica, elencato tra estranei/ morti.” In questo modo Pasolini descrive la tomba del celebre politico. La sua lapide reca soltanto la scritta “Cinera Antonii Gramscii”.

Un’ultima menzione va all’architettura di un paio di tombe. Notevole è l’”Angel of Grief” scolpito da William Wetmore Story per la propria tomba di famiglia e particolare la sepoltura di Elisabeth Wegener-Passarge. Ella riposa in una nicchia scavata nelle Mura Aureliane. Fidanzata o forse moglie dello scultore Ferdinand Seeboeck, fu egli stesso a ritrarla sul sarcofago. I visitatori sono soliti lasciare un fiore nella mano socchiusa appoggiata sul petto della fanciulla. Sembra infatti che ella esaudisca un desiderio a chi le fa quest’offerta.