L’Élite NEOCONSERVATIVE AMERICANA 
L’Élite NEOCONSERVATIVE AMERICANA 

L’Élite NEOCONSERVATIVE AMERICANA 

Su Marco Rubio, Tulsi Gabbard e le probabili nomine di Trump

Di G. B.

Da marxisti trockisti “liberals” a neoconservatives

Siamo purtroppo di nuovo costretti a occuparci della realtà americana; costretti a causa delle imprecisioni diffuse in questi giorni da analisti italiani del mondo americano che da posizioni di “destra” o destra estrema criticano Trump sulla nomina di Rubio, che sarebbe a loro dire un neoconservative. Vediamo anzitutto qual è il retroterra dei neoconservative (movimento neoconservatore), per poi cercare di inquadrare il fenomeno politico Rubio e poi quello di Tulsi Gabbard, in procinto di guidare l’intelligence nazionale americana. 

Al centro di tale movimento neonservatore abbiamo “The Public Interest”, un periodico creato nel ’66 da Daniel Bell e Irving Kristol e da altri militanti comunisti trockisti fortemente influenzati dalla filosofia marxista trockista di Max Shachtman, fondatore della Lega Comunista Americana e aderente alla Quarta Internazionale di Trockij. Un dato comune al movimento conservatore è infatti il retroterra internazionalista comunista e trockista, poi “liberal” e soprattutto l’attacco strategico al concetto e all’ideocrazia di Sistema Americano in quanto, secondo tale visione, manifestazione di Nazionalismo isolazionista e Protezionismo. Va tenuto presente che questo movimento è ideologicamente antifascista e, al tempo stesso, da un punto di vista geopolitico, antirusso mentre non ha mai espresso, né esprime una tale ostilità verso il partito comunista cinese con cui contemplerebbe l’ipotesi di accordo tattico. 

Significativo l’odierno approccio, a tal riguardo, della Halley, repubblicana, o della Harris, dem, entrambe interne a una visione neoconservative; la Russia dovrebbe rimanere il nemico strategico, mentre la Cina sarebbe sulla buona via del “mercato” e della “democrazia”, va solo incoraggiata a tal fine. Assai significativa, in questo movimento, è la svolta del ’77; dalle pagine di “Commentary”, alla fine degli anni ’70, ancora interni al partito democratico i neoconservatori promuovono una rottura di frazione sostenendo che la logica della distensione carteriana verso l’Unione Sovietica non avrebbe ideologicamente ben tutelato i famosi diritti civili egualitari della società democratica statunitense. Sono i primordi ideologici del Globalismo che sarà la radicalizzazione della classica accusa trockista rivolta all’URSS di aver tradito l’autentica missione rivoluzionaria internazionalista e la strategia di sfondamento globalista, adesso però tramite l’elitismo tecnologico e militare del Pentagono, non più tramite l’imperialismo sovietico. 

Questo movimento, a parte l’ambasciatrice J. Kirkpatrick, nonostante la vasta e sottile produzione culturale fu ai margini in quegli anni nel mondo degli apparati e dell’alta politica americana. Bisognerà attendere l’11 settembre 2001 perché il movimento neoconservatore diventi, secondo le parole dello stesso Francesco Cossiga, il progetto neo-trockista del Nuovo Secolo americano (il Nuovo Ordine Mondiale di Bush II). Cossiga, uno dei massimi esperti di sicurezza e intelligence, dirà esplicitamente più volte in quegli anni: “Trockij governa gli USA”. I neoconservatori conquistano effettivamente le leve del comando: apparati, agenzie di intelligence, entrambi i maggiori partiti americani sono ai loro ordini. Parte l’epoca delle guerre eterne per la democrazia globale contro il fascismo; dal 2001 i neoconservatori si inventano di sana pianta  un islamofascismo incombente per fare la guerra all’Iraq socialista e laico di Saddam Husayn e portare caso e terrore nel vicino oriente. 

Bisogna ricordare, comunque, che nella guerra civile dell’ex Jugoslavia i neoconservatori sostenevano attivamente, contro il nazionalismo cristiano serbo, le frazioni più radicali ed estremiste dell’Islamismo jihadista (soprattutto quelle iraniane). E non a caso la cosiddetta guerra contro l’islamofascismo, il terrore e per la democrazia in vicino oriente ha condotto alla distruzione di uno dei regimi più nazionalisti, laici e avanzati della regione (il primo allora per scolarizzazione e servizi sanitari pubblici), quello ba’sista iraqeno del coraggioso e abile presidente Saddam Husayn (il cui braccio destro Tareq Aziz, cristiano caldeo, fu forse il più grande e lungimirante statista di tutta quella zona geopolitica) e al rafforzamento dell’Imperialismo sciita iraniano. Anche il presidente Obama, una specie di fantoccio messo lì su mandato dei neoconservatori dopo Bush II, tenderà sempre la mano all’Imperialismo iraniano impedendo ogni ipotesi di riscossa del nazionalismo laico o cristiano arabo. Inoltre, queste parole d’ordine neoconservatrici di così furioso e ingiustificato antifascismo tradiscono effettivamente il DNA comunista-trockista di questa élite che ha conquistato dal 2001 il Pentagono e la CIA. 

Nel 1997 William Kristol, figlio del pionere neoconservative Irving Kristol, fondò, con Robert Kagan, il “Project for the New American Century” (PNAC), gruppo determinante per cementare l’alleanza con la frazione liberista e super capitalista “repubblicana” di Dick Cheney e Donald Rumsfeld. Paul Wolfowitz sarà invece lo stratega militare di questo “progetto” internazionalista. Ma il loro “progetto” ideocratico globalista e imperialista provvidenzialmente fallirà, non solo perché i globalisti trockisti vengono sconfitti sui campi di battaglia afghani, ma soprattutto perché nel 2016 arriva alla Casa Bianca Donald Trump, un nazionalista americano che ha finito per riportare i repubblicani americani fuori dall’egemonia che dal settembre 2001 i neoconservatori, con una sorta di golpe interno, avevano conquistato all’interno del Gop. Per quanto la prima amministrazione Trump sia stata infiltrata e sabotata, giorno per giorno, dai post-trockisti neoconservatori (si pensi a M. Pompeo), alla fine Trump sconfigge questo movimento e tutta la sua utopistica furia del dileguare antifascista e russofoba.  Sia Kissinger sia i neoconservatori concepivano il globalismo dell’imperialismo americano come una continuazione di quello britannico ed erano entrambi per la missione angloamericana, in sostanza, ma il primo, con saggezza politica, accusò in più casi i secondi di utopismo e di un dannoso primitivismo impolitico. I risultati pratici del movimento post-trockista neoconservatore, fortemente legato a Londra, sono stati: Iran e Israele padroni assoluti del Vicino oriente con la scientifica distruzione del nazionalismo arabo e del nazionalismo cristiano libanese, partito comunista cinese prima forza egemonica mondiale, Europa data in mano all’isterico sciovinismo neo-gollista francese, ai cattocomunisti, agli Antifa e all’islamizzazione dilagante.

Marco Rubio e i neoconservatives

Marco Rubio entra nella politica nazionale nel 2009 con l’onda del Tea Party, sviluppando una posizione pubblica denominata “la dottrina economica del Bene comune”. Si candida dunque alle elezioni primarie del 2016 e da lì – dato che sfida il favorito Trump –  molti pensano che sia un neoconservatore visto che i più grandi nemici del MAGA di Trump e Bannon sono i britannici e i neoconservatori. Ma in realtà non è così. Di origine cubana, cattolico, è chiaramente un anticomunista conservatore, un anticastrista, non un globalista neoconservatore, visto che non è mai stato russofobo. I suoi continui riferimenti a favore di un’economia sociale che promuova il benessere dei lavoratori e della working class, rivalutando talune misure sociali dell’amministrazione del democratico JFK, ha dato fastidio alle frazioni liberiste del partito repubblicano che lo hanno accusato nel 2019 di promuovere la Destra Sociale antiliberista, antimperialista e il fascismo (Cfr. Kevin D. Williamson, Marco Rubio’s Half-Baked Philosophy in “National Review”, 17 novembre 2019).

In questi anni Rubio, sempre fedele al MAGA, al Nazionalismo e a Trump, ha difeso i patrioti del 6 gennaio 2021 ed è per l’amnistia, ha combattuto da sempre in prima linea il sostegno americano alla guerra contro la Russia ed è assolutamente contrario all’ipotesi di una nuova Jalta globalista e super imperialista tra USA e partito comunista cinese. Di conseguenza, l’eventuale nomina di Rubio, particolarmente sgradito ai britannici in quanto esplicitamente vicino all’India antimperialista e nazionale di Narendra Modi (in questi giorni proprio sotto attacco di Londra per la falsa questione sikh e per gli strani omicidi di oppositori anti-Modi verificatisi mesi fa in Canada), candidato al Dipartimento di Stato, sarebbe un colpo al cuore per l’ideologia globalista neoconservatrice. Altro che Marco Rubio neoconservatore. 

Allo stesso modo, la candidatura di Tulsi Gabbard, da parte di Trump, all’intelligence ha già messo in moto le centrali dell’informazione Britannica e neoconservatrice che l’accusano, tanto per cambiare, di essere “un’agente russa”. Tutto questo ricorda fortemente il falso Russiagate fabbricato anni fa da una università italiana, fondata proprio da Cossiga, di rigorosa obbedienza britannica. Quel Russiagate finì in una bolla da sapone; lo stesso sicuramente avverrà in tal caso. 

Come dicevamo alla conclusione del precedente articolo di pochi giorni fa, il punto fondamentale sono le purghe alla CIA e al Pentagono; i nazionalisti puntano a occupare spazi strategici occupati dal 2001 da agenti britannici o neoconservative. Importante in proposito il discorso di Trump con cui ha avviato il bando dai ranghi di intelligence ed esercito dell’Ideologia Gender o LGTBQ, che dovrà lasciare il posto esclusivamente all’Ideologia Nazionale.