SIC VOS NON VOBIS MELLIFICATIS APES – COSÌ VOI MA NON PER VOI PRODUCETE IL MIELE, O API…
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Di: Associazione Argo

Una riflessione libera sui morti sul lavoro

Possiamo considerare il fine ultimo del genere umano raggiungere finalmente un progresso che non sia solo materiale, raggiungere il momento in cui ciascuno sarà mosso da intenti più nobili rispetto a quello attuale, ossia lo stomaco, conseguenza dell’individualismo più sfrenato che permea il mondo intero da decenni.

Ma oggi si è il più lontani possibile da un tale orizzonte: a milioni non hanno di che vivere (12.000 morti per fame al giorno), e per ogni due o tre che si arricchiscono a dismisura in migliaia sono costretti a toccare il fondo.

Ma soprattutto si muore ancora sul posto di lavoro.

 – Luana D’Orazio: madre e lavoratrice 22enne rimasta fatalmente impigliata nei fili di un macchinario finendo schiacciata dai rulli dello stesso, in una fabbrica tessile a Prato.

Christian Martinelli: operaio schiacciato dal tornio meccanico a Busto Arsizio; 49 anni.

Maurizio Gritti: operaio morto mentre era al lavoro in un cantiere a Pagazzano, nella Bassa Bergamasca; 46 anni.

Elisabetta D’Innocenti e Samuel Cuffaro: perdono ambedue la vita per un’esplosione in fabbrica a Gubbio; rispettivamente 52 e 16 anni.

Marco Oldrati: precipitato da un ponteggio a Tradate, in provincia di Varese; 52 anni.

Questi sono solo alcuni delle lavoratrici e dei lavoratori morti sul posto di lavoro nelle ultime due settimane, e purtroppo ricordare il loro nome non basta a fare giustizia.

Si parla tanto di progresso, ma dov’è il progresso in un Paese in cui si saluta la propria famiglia la mattina, e non tornare più la sera a casa a causa dell’inadeguatezza delle attuali norme di sicurezza sul lavoro?

Nel 2020 ci sono stati 1270 decessi sul luogo di lavoro, ossia sei volte di più rispetto alle vittime per omicidio volontario. A Maggio 2021 siamo già alle 200 segnalazioni di incidenti mortali, ovvero +11,3% rispetto al primo trimestre dell’anno scorso.

Il quadro che emerge da tali dati è sconcertante: ogni giorno in Italia due persone muoiono sul posto di lavoro, soglia giunta addirittura a 3 nel periodo di pandemia Covid-19.

Ciò non è dovuto solo l’inadeguatezza delle norme, ma anche alla noncuranza dei datori di lavoro sui dispositivi di sicurezza, molto spesso non forniti perché considerati un inutile “costo aggiuntivo“.

Ma il problema  dell’emergenza morti sul lavoro esiste già da 70 anni: la precarizzazione ha spinto e spinge tutt’ora le persone ad accettare qualsiasi lavoro per sopravvivere; i tagli sulla sicurezza sono aumentati a dismisura e, fra le tante cose, influiscono negativamente sulla consapevolezza del rischio fra i dipendenti (non è un caso che circa il 20% delle morti sul lavoro sia costituito da stranieri).

In tutto questo, i casi sulla questione sono riportati dai giornali in modo vomitevole, come successo per Luana D’Orazio.  Si è parlato di lei in maniera ammiccante solo in quanto giovane donna e madre, ma non come operaia morta sul lavoro, tralasciando le ragioni più profonde per cui un terribile fatto del genere si sia verificato.

Quanto si vogliono ancora spremere i lavoratori e le lavoratrici? Quanto si vuole ancora prenderci in giro?

Il bello è che mentre fanno profitto sulla nostra pelle, ci dicono che abbiamo tutto: grazie ai social network abbiamo la possibilità di condividere ogni momento della nostra vita con il mondo, venendoci data l’offerta di farci sentire ognuno una piccola celebrità nella propria cerchia di seguaci; grazie ad una digitalizzazione pressoché totale abbiamo la possibilità di farci arrivare la spesa a casa e comprare tutto comodamente distesi sul divano; grazie alla logica dilagante del “politicamente corretto” siamo convinti di tutelare le minoranze e gli oppressi.

Ma ce n’è davvero bisogno di tutto questo? È questo ciò che ci rende veramente felici?

La verità è che le concessioni del consumismo e della società “democratica” sono cosa ben futile, se poi nella vita reale mancano quei diritti basilari (i cosiddetti diritti sociali) che permettono a ciascuno innanzitutto di costruirsi un’esistenza dignitosa.

Cosa farsi di un telefono, se poi mancano il pane, un tetto, la sanità, la sicurezza, una stabilità per tutti?

È abbastanza indicativo come più si vada avanti con lo sviluppo, e più le persone si sentano sole, distanti le une delle altre. Dati recentissimi affermano che circa l’80% dei giovani in Italia soffre di ansia o noia e – nei casi più gravi – addirittura di depressione (13% dei giovani); fa riflettere molto come le fasce più colpite siano proprio quelle a cui l’emergenza covid ha dato l’ultimo colpo di grazia a livello economico.

Ma del resto cosa pretendere in un mondo dove muori ancora in fabbrica?

Una storia Instagram non può compensare l’assenza di rapporti umani veri, un pacco Amazon non può sostituire il necessario pane quotidiano, un “reddito di cittadinanza” non può compensare la mancanza di un lavoro; idem l’ormai tanto discusso “reddito universale”, millantato dalle stesse entità economiche che poi sbattono milioni di famiglie in strada.

Parafrasando una frase di Hermann Hesse, è proprio vero che ci hanno fatto sostituire la musica col miagolio, la gioia col divertimento, l’anima col denaro, la passione col trastullo, e il LAVORO con l’ATTIVITÀ.

Conquistare un mondo più giusto non ne vale non solo della felicità dei singoli individui, ma anche della salute stessa del pianeta, messa al repentaglio dall’inquinamento ambientale provocato da quelle stesse multinazionali che contribuiscono alle disparità tra i gruppi umani.

Solo quando l’essenziale sarà garantito per tutti, solo quando il solo interesse economico sarà allontanato, allora si potranno perseguire gli obiettivi più alti, della scienza e dell’intelletto.

Prendere coscienza di ciò è il primo passo per cambiare, ma le parole rimangono parole se non vengono messe in pratica anche nella vita quotidiana.

Il nostro ultimo pensiero va alle vittime di questo sistema economico e sociale ingiusto e a chi ogni giorni ne subisce le peggiori contraddizioni.

Un giorno riusciremo a cambiarlo!