RIFARE L’UOMO
RIFARE L’UOMO

RIFARE L’UOMO

Di: Valentina Gaspardo & Yuri Di Benedetto

Un dialogo sulla politica e la costruzione dell’uomo

I° PARTE:

Si inaugura una serie di dialoghi che cercheranno di avere uno stile semplice e discorsivo, affrontando i più diversi temi. Come una conversazione diretta che abbia un botta e risposta immediato o semplicemente uno sviluppo dello stesso pensiero.

Il primo dialogo sarà incentrato sul problema politico attuale, quello di non trovare più la capacità di intraprendere o scoprire strade e visioni che possano essere nuove e alternative per l’uomo contemporaneo.

Valentina Gaspardo: La politica ha fallito. Fallisce costantemente quella odierna, che punta al ribasso e la cui unica relazione con i cittadini rimane il momento della demagogia elettorale; ma ha fallito anche quella “vecchio stile”, ormai sparita dalla scena, eccezion fatta per piccoli e sparuti gruppi. D’altro canto, proprio quest’ultima non ha retto l’urto dello scioglimento delle grosse compagini partitiche né la caduta dei paesi “altri”, baluardi di quell’anticapitalismo che pareva destinato al trionfo.

Yuri Di Benedetto: La politica ha fallito perché semplicemente ha abdicato alla funzione educativa, pedagogica, formativa, rimane l’aspetto amministrativo dell’uomo, che però è subordinato alla dimensione economica. Abdicando alla sua funzione guida di pensare ad ipotesi di mondi differenti, strutturando diverse visioni del mondo, ha fatto si che il problema da politico sia regredito ad antropologico. Mi spiego, oggi non mancano certamente organizzazioni e programmi politici, anzi possiamo dire che forse ce ne sono anche troppe. Quello che però manca è quell’uomo capace di trasformare una semplice opinione, in un’idea che si trasforma progressivamente in forza concreta. Come possiamo pensare che gli uomini cosi abbruttiti possano riuscire a generare una forza che sia realmente alternativa al sistema attuale? Non si può, mancano le condizioni minime, l’educazione per riaffermare la politica deve prendere le misure per forza da un approccio che è pre-politico. Lavorare sui valori, principi e sull’etica che sono a tutti gli effetti categorie operative, mancando queste categorie ogni progetto politico risulta vano.

Valentina Gaspardo: Oggi spadroneggia il populismo. Una parola di moda che però denota, a nostro avviso, qualcosa di più complesso e importante del solito “riduzionismo” concettuale di cui diviene oggetto il populista. Ora, la parola è utilizzata come sinonimo d’ignoranza, di faciloneria politica che non tien conto delle complessità e delle difficoltà che abitano il mondo della gestione statale, economica, sociale di una patria. Allora va bene, si dica pure che la risposta “di pancia” o da bar sia dovuta all’ignoranza delle circostanze. Ma con ciò non se ne è ancora spiegato il perché. Cioè perché esiste il populismo e proprio questa “corrente” va per la maggiore?
Le cause saranno molteplici, dacché influisce certamente la fine della politica di massa, che educava i cittadini al continuo confronto con le complicanze celate nel governo della cosa pubblica. Tempi in cui le masse si riversavano entusiaste entro le sedi di partito – quale che fosse; parlamentare o meno – e che già per questo fatto dimostravano un interesse differente e senz’altro una capacità politica più ampia, temprata dai mille dibattiti e dalle scuole formative. Ma non è solo questo. C’è dell’altro: chi, fra noi, riuscirebbe a carpire il pensiero politico di soltanto uno dei candidati? Chi conosce il pensiero politico di segretari il cui unico legame col pubblico risiede nella fugace battuta da social? O qualche stralcio di intervista? Non esistono neppure più i veri e propri giornali di partito, in cui un politico scriva articoli, pubblichi saggi, esponga i suoi studi. Quali studi poi? Se queste affermazioni non sono campate per aria, allora sembra assai naturale che sorga il populismo. Nessuno è a conoscenza di nulla. Nessun giornale alternativo che smascheri le frodi, gli inganni – che faccia, in una parola, opposizione. È naturale perciò il conseguente proliferare di fake news: i conti non ci tornano rispetto ai media ufficiali, alle garanzie del leader di turno, alle conseguenze dei loro gesti. Allora, come ciechi, brancoliamo nel buio e ci beviamo ogni intruglio possibile.

Yuri Di Benedetto: La politica risponde come ad ogni altra cosa, ad un semplice legge fisica, se c’è un vuoto, sicuramente qualcosa lo riempirà. Il populismo, è semplicemente una forma che si adattata al vuoto presente. In assenza di credibili narrazioni politiche, dato che le risposte novecentesche hanno effettivamente fatto il loro tempo, è semplicemente la risposta più idonea ad una società che persegue il nulla come effettiva visione del mondo. Credo che si possa dire senza problemi che uno dei problemi attuali è la concezione giornalistica della politica. Nella società dei media e dello spettacolo e dei consumi, la politica rincorrendo sempre di più la necessità di consenso è diventata allo stesso momento, sia merce che notizia. Il superamento degli schieramenti è avvenuto non per la scoperta di una nuova via politica, quanto per la loro fusione e specularità nell’amministrazione del potere per il potere. I corto circuiti narrativi avvengono perché sposando la logica giornalistica, ci basiamo solo sulle singole opinioni, che essendo opinioni, possono risultare condivisibili indipendentemente dai contesti in cui si formano, così come un orologio rotto segna l’ora esatta due volte al giorno. L’assenza di una visione del mondo alternativa, che contempli un pensiero sul tutto, coerentemente formato e approfondito, non vuol dire che il tentare di riproporre schemi politici passati sia ottimale. Il superamento seppur avvenuto per cause non auspicabili ne tanto meno condivisibili è avvenuto, è un fatto, un precedente e ne va tenuto conto. L’accanirsi dei gruppi politici che si rifanno alle correnti politiche novecentesche, nel tentativo di riproporre storie passate nel nostro presente, siano esse grandi, gloriose e terribili, non è che una gigantesca e paradossale mancanza di rispetto nei confronti della storia stessa. Bisogna saper rielaborare e storicizzare ogni esperienza per fare un passo in avanti che nella realtà è già avvenuto.