Il Macchi-Castoldi M.C.72 e il primato di velocità. Quando la pervicacia vince
Il Macchi-Castoldi M.C.72 e il primato di velocità. Quando la pervicacia vince

Il Macchi-Castoldi M.C.72 e il primato di velocità. Quando la pervicacia vince

Di Beatrice Harrach (articolo precedentemente pubblicato sul blog “La voce del Patriota“)

“Per le altezze mortifere” si spinse il maresciallo Francesco Agello il 23 Ottobre 1934 a bordo del Macchi-Castoldi M.C.72 ad una velocità media di 709,202 km/h conquistando il record di velocità, tuttora imbattuto per la categoria idrovolante con propulsione a pistoni.

Due grandi innovazioni contribuirono alla conquista: il motore Fiat AS-6 dalla potenza di 3000 CV, frutto dell’intuizione dell’ingegner Zerbi, e la presenza di due eliche controrotanti in grado di sfogare l’incredibile veemenza del motore senza tuttavia causare la forza giroscopica che si sarebbe potuta verificare con un’unica elica di grandi dimensioni; al coraggio leonino ed alle capacità del pilota, progenie degli assi della Prima guerra mondiale, si univa il genio ingegneristico italiano.

Il record venne espressamente inseguito dopo la vittoria della Coppa Schneider da parte degli inglesi nel 1931. Infatti nei primi anni del ventesimo secolo l’aviazione era giovane e attraente e forniva occasioni di competizione sportiva tra nazioni. Così nacque la Coppa Schneider, prestigioso premio per chi avesse contato tre successi per tre anni consecutivi su un circuito di 10 km. L’Italia s’era coronata di trionfo ben tre volte, sebbene non consecutive, nel 1920, 1921 e 1926. L’obiettivo italiano per la competizione del 1931 era quello di costruire un idrovolante capace di battere l’inglese Supermarine, che si era aggiudicato già due vittorie, e mantenere in gara la coppa. Tuttavia durante le fasi di collaudo due piloti, Giovanni Monti e Stanislao Bellini, persero la vita: si comprese allora che se era impossibile partecipare alla gara, se era una certezza veder sfumare la gloria della Coppa Schneider qualcosa ancora poteva essere fatto: conquistare il primato di velocità. 

Il 10 Aprile 1933, il corpo stretto nell’angusto abitacolo, il Maresciallo Francesco Agello volando sul Lago di Garda s’impadroniva del record con una velocità media di 682,078 km/h.  Il Reparto di Alta Velocità al quale il pilota apparteneva naque per volontà di Italo Balbo e del Generale Mario Bernasconi, ed era un luogo capace di sedurre con l’appassionato e compatto spirito d’avventura e poesia la robustezza dei motori e dei velivoli. Frequentato da Gabriele d’Annunzio, vide anche il fisico Auguste Piccard salire, per studiare la stratosfera, col suo sferico a 16 mila metri di altezza con 55 gradi sotto zero.

Il Reparto di Alta Velocità non possedeva, tuttavia, solo il gratuito slancio verso il futuro, ma fungeva anche da laboratorio per l’Aeronautica Militare Italiana, in vista del potenziamento degli armamenti per le future guerre. Ma nonostante gli scopi più pratici restava soprattutto un luogo dove l’ardire incontrava la tecnica, la precisione, l’apollinea applicazione con riuscitissimi risultati: infatti il 23 ottobre del 1934, Agello batté il suo stesso record, sfondando il muro dei 700 km/h.

In questi 85 anni l’aviazione italiana ha attraversato le tempeste della Storia mantenendo sempre altissima quota, ed è giunta fino a noi rombando il suo nome il cui faro eterno porta ancora la luce di quei mitici uomini del Lago di Garda.