Perché leggere libri “scomodi”?
Perché leggere libri “scomodi”?

Perché leggere libri “scomodi”?

Di Alice von Tannenberg

Se in teoria una delle leggi che governano la carta stampata dovrebbe essere la libertà di espressione, nei fatti non lo è: lo dimostrano le recenti “riscritture” di alcuni classici novecenteschi e il vaglio sempre più attento di contenuti potenzialmente “offensivi” da parte di figure designate (i sensitivity readers). In questo panorama da Inquisizione, resta visibile al grande pubblico solo una piccola fetta dell’immenso bacino bibliografico, quello pubblicizzato su ogni canale, dei bestseller, dei fenomeni letterari del momento e i grandi classici, mentre la parte più grossa dell’iceberg resta nell’ombra. Dall’altra parte ci sono i libri vecchi che nessuno ricorda più, sommersi dalle nuove uscite; i libri dimenticati, destinati a pochi lettori; i libri di nicchia o dallo scarso successo di mercato.

E poi ci sono i libri “scomodi”.

Ma cosa si intende con questa definizione?

“Scomodi” sono quei libri controversi, scritti da autori cui la nostra società moderna attribuisce una cattiva reputazione: non perché legati a scandali mediatici, tutto sommato irrilevanti, che fanno chiacchierare, bensì perché la loro stessa esistenza è legata ad altre figure, entità politiche o fenomeni storici a cui si vorrebbe imporre la damnatio memoriae, spesso messi all’indice da un pubblico che teme più la persona che le sue parole (di cui raramente si legge anche solo mezza riga). Un esempio noto a tutti potrebbe essere il Mein Kampf: un libro di cui in pochi conoscono il contenuto, ma che viene evitato a priori in virtù del suo autore, come se leggerlo – fosse anche con approccio critico e senza abbracciarne le teorie – equivalesse a “macchiarsi” di qualche colpa. Altri, meno legati alla cattiva fama del loro autore, mostrano sfaccettature della realtà di cui non si vuole (o non si vorrebbe) sentir parlare, o semplicemente si fanno portavoce di opinioni “impopolari” sulla società, l’economia, la geopolitica o la filosofia. Qui si potrebbero citare alcuni saggi di Jack London o di Pierre Drieu La Rochelle, altrimenti apprezzati come narratori.

Più in generale, “scomodo” è un libro che turba, che scuote la coscienza e mina alla base certezze consolidate. Innegabilmente la nostra società ci ha abituati a certi schemi di pensiero e una visione del mondo e della Storia conforme allo spirito dei tempi, e conoscere l’altro lato della medaglia può essere una scossa a livello interiore, soprattutto se si è impreparati. Eppure, è anche un’esperienza che arricchisce per diversi motivi.

Dunque, perché leggere libri “scomodi”?

1. Per conoscere la realtà in tutte le sue sfaccettature

La realtà è per sua natura sfaccettata. Non è raro che la narrazione dominante dia una sua interpretazione dei fatti in termini di bianco e nero, giusto o sbagliato, omettendone alcuni e distorcendone altri. Si parte dall’idealizzazione della società occidentale – o meglio, all’evoluzione in senso materialista e capitalista che sta avendo da 150 anni a questa parte – per arrivare alla strumentalizzazione politica e a una visione manichea della Storia, in cui i buoni vincono sui cattivi. Un libro “scomodo”, spesso, mostra questi aspetti taciuti (che a loro volta possono essere distorti, a seconda del punto di vista) e permette di esplorare uno stesso fenomeno – attuale, ideologico, storico – da più angolazioni. Ci si confronta col punto di vista degli “sconfitti”, di coloro che si trovano dalla “parte sbagliata” della Storia, oppure con fatti di attualità che si contrappongono all’idea di presente che ci è stata tramandata (per non dire inculcata). Più ampia è la conoscenza, più completa diviene la nostra comprensione. Sulla base di queste conoscenze, ognuno svilupperà la sua visione del mondo.

2. Per collocare le ideologie nel giusto contesto storico/culturale

Le idee sono figlie del loro contesto: si formano in reazione a esso, lo condizionano, lo plasmano e ne influenzano i mutamenti. In altre parole: si adattano alle necessità del tempo. La situazione presente genera idee che s’insinuano nel tessuto della realtà, sia su un piano astratto (la mentalità, la psicologia delle persone, la comunicazione, le convenzioni sociali) che su un piano concreto (la politica, le azioni degli individui e delle potenze nazionali o internazionali, il progresso tecnologico), per poi proiettarsi nel futuro: il presente è conseguenza del nostro passato e getterà le basi del nostro futuro, sia che vi sia una rottura netta, sia che vi sia una continuazione delle tendenze attuali. Conoscere il contesto aiuta a capire perché certe idee si sono sviluppate e come esse s’intrecciano agli avvenimenti successivi; inoltre, se “tutto è ideologia”, conoscere le motivazioni ideologiche alla base di un fatto storico o di attualità è fondamentale per comprenderne le dinamiche.

3. Per comprendere il motivo per cui certe cose sono accadute

Questo punto è strettamente collegato al precedente: le idee sono figlie del loro tempo, sono conseguenza di mutamenti storici e culturali ma possono diventare anche causa scatenante di una catena di eventi successivi. Ad esempio, indagare i motivi che portarono il popolo tedesco a votare per il partito di Hitler, di fatto legittimando una dittatura, invece di fermarsi alla solita retorica dell’inesorabile “ascesa del male” che non ha giustificazione né storica né razionale. Oppure esplorare i sentimenti collettivi alla base di una guerra o di una sommossa. Perché, anche se può sembrare che sia la fatalità a dominare la Storia, essa è fatta da uomini animati da motivazioni dettate dalla necessità del tempo. Nel passato come nel presente – e stanno già gettando i loro semi per quello che sarà il nostro futuro.

4. Per confrontare prospettive differenti

L’interpretazione del mondo è data da una pluralità di punti di vista: non è più questione di stabilire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato (concetti spesso soggettivi), bensì di approcciarsi in maniera obiettiva a fonti differenti. La visione del mondo si amplia: si possono rivedere alcune certezze, o semplicemente conoscere realtà (concrete o ideologiche) differenti da quelle già conosciute. Ci si confronta con punti di vista diversi e si impara a comprenderli.

5. Per rimettere in discussione la propria visione della realtà

Il che non significa “cambiare opinione”. Una lettura apre la mente e dona elasticità di vedute, anche – e soprattutto – se esprime una visione del mondo che contrasta con la nostra. Spesso sono proprio queste le prospettive che arricchiscono di più. Non ci si “corrompe moralmente”, se si è saldi nei propri principi. Anzi, può pure avvenire il contrario: che le proprie opinioni si rinsaldino. Il compasso morale di ciascuno, purché non sfoci nel pregiudizio, permette di approcciarsi in maniera critica al materiale “scomodo”. Ecco perché confrontarsi con libri di questo genere può essere un’occasione di crescita interiore.

Di seguito riporto un elenco di libri, stilato con l’aiuto di Shanna Luciani e Paola Kovalsky, che possono aiutare a guardare le cose da un’altra prospettiva.

  • Militia di Léon Degrelle

Uno sguardo introspettivo nella mente di un personaggio che non ha mai rinnegato niente di ciò in cui ha creduto, capace di sensibilità e consapevolezza anche nella sconfitta. O forse la storia non è propriamente come ce l’hanno raccontata.

  • Finis Germania di Rolf Peter Sieferle

Una collezione di articoli sul lavaggio del cervello fatto ai tedeschi nel Dopoguerra e il senso di colpa collettivo instillato legato all’Olocausto.

  • Autunno tedesco di Stig Dagerman

Uno sguardo sul Dopoguerra in Germania, che mostra come i salvatori americani fossero tutto tranne che salvatori.

  • Diario di un soldato tedesco di Wilhelm Prüller

Le testimonianze di guerra, scritte su un diario tenuto nella tasca della divisa e pubblicate negli anni ‘60, di un soldato della Wehrmacht. La prospettiva, molto personale e non filtrata, di un uomo comune che servì il Reich.

  • Discorso sulla servitù volontaria di Étienne de La Boétie

Un libro che spiega come i regimi e i soprusi sono in realtà una libera scelta, cosciente o meno, del popolo

  • Roma Nazista di Eugen Dollmann

L’occupazione di Roma raccontata da un diplomatico e colonnello delle SS, fa emergere le mille contraddizioni della Storia.

  • La pelle di Curzio Malaparte

Romanzo grottesco in cui emerge il male assoluto insito nella guerra, ma soprattutto quello della pace portato dai “liberatori”.

  • La distruzione di Dante Virgili

Romanzo disturbante, grottesco e infarcito di odio. Dichiaratamente schierato coi nazifascisti, Virgili offre un resoconto impietoso e assolutamente profetico sulla fine e il decadimento dell’Occidente.

  • Il Cavallo Rosso di Eugenio Corti

Epopea di diversi personaggi durante e dopo la guerra. In particolare, brilla il racconto della disfatta italiana sul fronte russo, le condizioni dei prigionieri nei gulag sovietici che non furono meno tremende che in quelli dei nazisti. Molto forte e d’impatto anche il racconto fatto della guerra di liberazione e della resistenza partigiana, dove fra tanti atti eroici non vengono però celati eventi nefasti e agghiaccianti come vendette private spacciate per giustizia.

  • Goliath di Jack London

Breve racconto in cui un ricco e misterioso magnate chiede ai potenti del mondo di instaurare un “nuovo ordine mondiale” incentrato sulla razionalità e sulla nazionalizzazione dei beni di produzione, per garantire giustizia sociale a tutti i cittadini. Se questa sua volontà non verrà soddisfatta, le conseguenze saranno terribili. Un London profetico che non va per il sottile, svelando i limiti dei governi che si definiscono democratici.

  • Tiro al piccione di Giose Rimanelli

Testimonianza autobiografica e priva di compiacimento di un ragazzo che, ai tempi della guerra di liberazione, si trovò a combattere dalla parte dei fascisti. Una prospettiva che contrasta significativamente con quella che ci hanno raccontato coloro che si trovavano “dalla parte giusta della Storia”.