UNA FOTOGRAFIA DEL PRESENTE
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Considerazione geopolitiche

Di Andrea P.

Attualmente abbiamo tre schieramenti ben delineati, almeno secondo le parole sia della stampa che dell’opinione pubblica, con l’India che funge da terza via e cerca di essere il faro che illumina la via terzomondista e antagonista. Gli altri due schieramenti sembrano, sempre secondo la stampa mondiale, coesi nelle alleanze e nello schierarsi immediatamente nelle contese belliche mediaticamente più rilevanti che attualmente vengono messe in risalto all’opinione pubblica.

Nell’intervento in Ucraina, Putin ha avuto il merito di far schierare apertamente la Cina contro il cosiddetto Occidente, facendo sì che venisse seguita a ruota da tutte le altre nazioni che in qualche modo, nella storia post Seconda Guerra Mondiale, hanno sempre dissentito con le cosiddette politiche occidentali. Di fatto dovremmo avere due schieramenti ben delineati in contrapposizione nella contesa bellica. Analizzando la situazione, possiamo notare come la contrapposizione è in realtà solo mediatica: la stampa mette in risalto le parti in cui il mondo contrapposto all’Occidente sia coeso nel prendere le parti delle nazioni che, secondo la narrazione globalista-dem, appaiono quelle che è giusto combattere. Da qui la contro-informazione, prendendo per oro colato ciò che la grande distribuzione afferma e senza provare neanche ad abbozzare un minimo ragionamento, entra in brodo di giuggiole esaltando lo schieramento dei BR(I)CS (teniamo fuori, come detto in precedenza, l’India che sta perseguendo una sua linea nazionalista e antagonista).

Nell’intervento russo in Ucraina, abbiamo visto come l’Occidente sia stato compatto nel fornire aiuti militari ed economici a Zelensky. Senza batter ciglio, ogni stato della coalizione ha assunto impegni concreti, nonostante molti stati abbiano, da ciò, ricavato solo debiti, entrando in gravi crisi economiche (lampante il caso della Germania che, con la separazione commerciale dalla Russia, tramite i sabotaggi dei due North Stream e l’allontanamento degli investimenti cinesi, sta fronteggiando la crisi economica forse più sostanziosa dalla caduta del muro di Berlino).

Questa compattezza e concretezza l’abbiamo vista anche ora nella cosiddetta reazione israeliana all’attacco di Hamas, nella quale si cerca di fornire armi all’esercito israeliano, cercando di continuare lo stesso a sostenere l’Ucraina. Di contro abbiamo visto come nell’operazione Russa ci siano state accuse da Occidente ma, di fatto, la Russia sembra sia stata approvvigionata solo di droni iraniani o armi nord coreane, mentre di fatto il sostegno della coalizione è avvenuto sul piano di accordi economici ed energetici (che non è secondario).

La situazione già dall’Artsakh è sembrata ambigua. La Russia, che storicamente ha sempre speso parole in favore dell’Armenia, di fatto si è astenuta dall’intervenire, lasciando il popolo armeno in balia dell’Azerbaijan e accettando il ruolo della Turchia (lei sì, scesa concretamente in campo contro l’Armenia). Stesso discorso vale per l’Iran, nel quale vive una forte e numerosa comunità armena, per la quale ha preso posizione solo a parole, ma di fatto lasciandoli al proprio destino. Anche in questo caso l’unica parvenza di aiuto per gli armeni è venuta dagli USA. In Palestina la situazione è ancora più palese: abbiamo nazioni che hanno fatto dell’antisionismo il loro cavallo di battaglia per decenni. Dall’odio antisraeliano, di conseguenza, hanno cavalcato l’avversione per il suo grande alleato, gli USA, avversione che li ha portati a sovvertire una forma di governo che durava da secoli con l’accusa di totale asservimento alla cultura materialista occidentale, soppiantandola con una forma rivoluzionaria: la repubblica islamica di Khomeini. Cina (che in questi giorni addirittura è negli USA con il suo presidente a parlare di economia con Biden e i Dems americani), Russia, Turchia e altri hanno tutti supportato la Palestina, con grandi parole che mai si sono concretizzate in fatti; nonostante la Russia, ad esempio, sia attiva concretamente in diversi fronti africani: è notizia di ieri che in Mali le milizie finanziate dalla Francia siano state cacciate dal gruppo che porta il nome della Wagner, ma che non è la stessa Wagner che esisteva prima dell’incidente aereo che di fatto l’ha decapitata; c’era, quindi, la possibilità per l’Iran (fresco di accordo con gli USA per lo sblocco di qualche miliardo di dollari bloccati dalle sanzioni) di dare l’esempio e passare dalle parole ai fatti. Quale occasione migliore per supportare il povero popolo di Gaza, sottoposto a un massacro perpetrato con una volenza pari a Sabra e Shatila.

Vedere uno sterminio tale di civili, invece, non ha commosso nessuno, Iran in primis. È di pochi giorni fa la Reuters che è uscita con una notizia secondo cui il leader supremo dell’Iran ha chiarito al capo di Hamas di non entrare in guerra in loro favore a causa di un mancato avviso di Hamas dell’attacco del 7 ottobre. Dopo gli accordi con gli USA Oltre ad Israele, il quale sta attirando verso di sé tutto l’odio di chi fino ad oggi aveva spostato la narrazione che raccontava di un povero popolo indifeso e perseguitato, che rischia in ogni istante di sparire, i veri sconfitti di questi conflitti sono proprio loro, chi a parole si dimostra paladino dei deboli, ma di fatto preferisce l’oro al sangue.