GIOVANNI GENTILE, L’ARISTOTELE DELL’HEGELISMO
GIOVANNI GENTILE, L’ARISTOTELE DELL’HEGELISMO

GIOVANNI GENTILE, L’ARISTOTELE DELL’HEGELISMO

di: Francesco Subiaco

La dottrina hegeliana è stata la più imponente costruzione della filosofia moderna e contemporanea, capace di creare sistemi di una complessità e raffinatezza che poche filosofie, eccetto il “razionalismo greco”(Socrate, Platone e Aristotele) hanno potuto rappresentare. In essi ci sono le basi della visione dialettica del mondo, delle principali lotte sociali della storia(lotta di classe e lotta di nazioni). C’è la visione di uno stato totalitario, di una filosofia come giustificazione della realtà, della struttura economica. Dalla dottrina di Hegel è nato il pensiero di Marx, la sinistra hegeliana, Feurbach e la desacralizzazione della religione. Il culto dello stato e del partito, poi, come entrata di Dio nel mondo. Erano hegeliani, o almeno neohegeliani, i maggiori esponenti delle più influenti scuole del pensiero novecentesco italiano. Il liberale Croce, il comunista eretico Gramsci, il fascista Gentile. Soprattutto in Italia il marxismo leninismo subì come preponderante alla componente materialistica, del secondo Marx, quella idealistica, della prima fase della vita del pensatore tedesco, la visione che ispirò e fondò il gramscismo. Si può essere hegeliani o no, ma non si può non riconoscere l’importanza della “Scuola hegeliana”. Di questa scuola che, con un paragone solamente simbolico, ha come Socrate Hegel, come Platone Marx. In questa visione non possiamo sottovalutare la presenza di un pensatore che ha rigor di logica, ha molto più diritto di Gramsci e Croce, di occupare il ruolo di Aristotele: Giovanni Gentile. Gentil è l’eminenza più controversa della filosofia italiana, per la sua compromissione col fascismo, per averlo sostenuto in momenti oscuri e terribili come quelli della guerra civile. Esperienza e visione che, aldilà di un giudizio politico ed umano, non può negare l’importanza e l’influenza del padre dell’attualismo, nel dibattito culturale del novecento. Per riscoprirlo e conoscerlo al meglio è necessario leggere il suo testamento spirituale “Genesi e struttura della società”, pubblicato recentemente da OAKS EDITORE. In questo ultimo testo gentili ano, da considerare come una lettera di congedo dal mondo, l’autore esprime tutte le caratteristiche dl suo pensiero,  scrivendo un testo non politico, oltre il fascismo, oltre la guerra. Genesi e struttura, non è un testo che si rifà al Gentile ministro, o accademico, o politico, ma è la continuazione de “La filosofia di Marx”. Tutta la filosofia del pensatore siciliano vuole costruire “il dopo Marx”, come afferma il direttore Gennaro Sangiuliano  nella sua prefazione. Eliminando da esso la visione contemplativa per trasformarlo in una autentica “filosofia della prassi”, superando l’errore degli idealisti che separano il pensiero dal soggetto che lo produce, poiché il pensiero è sempre pensante ed ogni realtà è tale solo nel momento in cui viene pensata, poiché è inammissibile una realtà oltre dal pensiero. Arrivando ad una fusione tra spirito-pensiero-idea e soggetto-pensatore-mondo. Tale fusione è spiegabile con la differenza tra fatto ed atto, del primo come conseguenza materiale e fenomeno concreto e il secondo come una azione in cui la dimensione del pensiero, dell’idea, dello spirito, collima, si fonde ed è insita alla dimensione materiale. Una filosofia della prassi quindi è inevitabilmente una filosofia dell’atto(spirito e materia fusi ed inscindibili), da qui la dottrina dell’attualismo, di cui Genesi è il momento finale. Secondo questa visione la vita è in realtà una creazione eterna di nuovi valori, di valori collettivi e attuali, da qui il rifiuto di ogni prospettiva egoistica e una visione più comunitaria. Pensiero ed azione non possono essere scissi, come del resto soggetto e comunità. in questa rivoluzione dell’hegelismo il pensiero di Gentile, come quello di Aristotele, riporta la sua dottrina nel sentiero dell’immanenza della prassi, della comunità, “ogni tentativo di separare pensiero ed azione è un tentativo di togliere responsabilità al pensiero sull’azione”. Riconoscendo all’uomo la dimensione di “Animale politico”, che nell’unità con la società e lo stato si conosce, si sintetizza. Criticando la visione atomistica e materialistica, poiché è “il crollo di ogni moralità, di ogni valore, di ogni libertà, perché esso comincia dallo spiantare ogni libertà”. Una visione comunitaria accomuna Gentile allo Stagirita, poiché la “comunità è la legge interna di ogni individuo”, considerando l’uomo partecipe di una dimensione organica, individuale, familiare, nazionale, umanitaria. Ciò non vuol dire però l’annullamento dell’individuo, che si annienta nella collettività, ma la interconnessione tra individuo e società, come di individualità come il principale attributo della “particolarità e della universalità”. Una universalità che può manifestarsi solo in connessione con l’altro, nell’inserimento nella totalità. Non si è individui a priori per Gentile, ma lo si è solo in relazione con la comunità  con lo Stato. Lo stato che nella visione del padre della riforma della scuola è oggetto di un culto ai limiti della statolatria, che risente di una visione del diritto positivo per cui non sono i cittadini a fondare lo stato, ma è lo stato a fondare i cittadini. Da qui una visione per cui la vera religione dei cittadini è il dovere, un comandamento al bene come “attualità dello spirito”, di fondamento continuo e quindi attuale dello spirito nella prassi. Un dovere che si relazione con una autorità che non deve “mai recidere il rapporto con la libertà” e viceversa. Poiché “libero l’individuo nel libero stato, libero l’italiano in quanto libero il popolo italiano”. Una visione che in rapporto alla critica e alla rivoluzione vede una continua evoluzione di essa, il compimento dell’attualità dello spirito.  Spirito che contrasta in economia la vocazione alla crematistica all’accumulo forsennato della ricchezza, del trionfo della merce, a favore di una economia come giusto mezzo. Accostando Aristotele a Gentile non vogliamo compiere una riabilitazione politica-ideologica, ma riflettere sull’importanza di questo pensatore nel dibattito della scuola hegeliana, trovando in esso un interprete del comunitarismo novecentesco, pur rimanendo autoritario e totalitario, il pensiero idealista non può prescindere da questa visione, che ha formulato nell’attualismo una delle maggiori costruzioni filosofiche del novecento.