LE DIABLE MARCHE AVEC NOUS
LE DIABLE MARCHE AVEC NOUS

LE DIABLE MARCHE AVEC NOUS

Di: Edoardo Nasini

IL FASCINO E IL MITO ROMANTICO DELLA LEGIONE STRANIERA

Fuggire. Rendersi conto che quello per cui si è lottato tutta la vita, oramai è perso. Vedersi scivolare tra le mani le proprie certezze, cedere il passo alla realtà, e, con rassegnazione, veder andar via l’amore, l’amicizia, la libertà. E dunque, cosa fare? Da più di un secolo, per un innumerevole quantità di uomini, la risposta è semplice quanto complessa: Francia, Marsiglia, Aubagne, Legion étrangère. Fare lo zaino quell’ultima volta, poi prendere la strada che porta lontano da casa ed essere ben coscienti che forse, quella casa, non la si rivedrà più. Questo perché nella maggior parte dei casi, ciò che spinge a fuggire nella Legione Straniera è la garanzia di lasciarsi tutto alle spalle. Abbandonare tutto, perché solo così si potrà sopravvivere, e la Legione, che da decenni si dimostra un’audace maestra, tende la propria mano all’uomo solo, all’individuo resosi niente, e lo fa mediante l’oblio. Arrivati ad Aubagne, ridente cittadina incastonata nelle alpi Provenzali nell’Arrondissement di Marsiglia per l’arruolamento, infatti, al nuovo arrivato verrà chiesto esplicitamente se intende con tutta la volontà ”chiudere” quel capitolo della propria vita (che spesso si risolve nel cancellare completamente la stessa) ed accettare la sua nuova condizione di Légionnaire, Legionario. Se la risposta è affermativa, al volontario verrà consegnata una nuova identità, completamente estranea alla precedente. Varcate le porte della caserma ed accettato questo compromesso, egli andrà incontro ad un’avventura fatta di sacrificio, di sangue e sudore, di lacrime, di sofferenza, che se verrà accettata ed onorata, la Legione, che mai dimentica i propri figli, farà dell’uomo sconfitto, un bastione di lealtà e fermezza, una fonte d’ispirazione. Non c’è più nessun collegamento con quello che il legionario era prima di raggiungere la caserma, ora c’è solo la lunga marcia verso l’orizzonte della vita militare e la nuova pelle che il soldato andrà ad indossare lo plasmerà per il resto della sua esistenza. Come accennato più volte, però, tutto qui è più pesante; Agli inizi del secolo scorso, i francesi coniarono il termine ”Partir en bombe”, esplodere come una bomba, concetto che negli anni si è affermato come una vera e propria cultura, consistente nel lasciare periodicamente il Legionario in una condizione di libertà, più che altro fisica. Al soldato viene concessa regolarmente la licenza, come succede per tutti i militari in servizio ovviamente; l’unica differenza consiste nel fatto che il Legionario, al ritorno in caserma, avrà speso tutti i suoi averi, prosciugandoli in donne, tabacco e birra. Degno di nota poi il fatto che in Francia, spesso e volentieri, i volontari siano oggetto di pesanti discriminazioni, di ogni tipo. Non è raro per un Legionario incappare in Bar, discoteche o locali notturni che proibiscono categoricamente l’accesso ai volontari. La testa rasata e l’accento non francese, tanto basta per ricevere occhiatacce camminando per le strade della Ville Lumiére a tarda sera. Pur incappando in queste spiacevoli situazioni, i momenti di svago del Legionario risultano preziosissimi, seguendo un altro concetto concepito agli inizi del novecento che seppur attenuato dall’avvento della tecnologia, non manca, purtroppo, di riscontri. Quello che i Francesi definiscono ”Cafard”, scarafaggio. il cafard entra nella mente del legionario solo, in servizio chissà dove, disperso in qualche arido deserto, in qualche umida foresta, privo di contatti esterni alla vita di caserma, alle missioni. Penetra nei pensieri dell’uomo, scava, si annida e prospera, deteriorando pian piano ma costantemente la stabilità di quest’ultimo, fino al punto di non ritorno, al momento in cui il Legionario cede, sotto la pressione dell’isolamento, lasciandosi andare. Dunque gli ufficiali chiudono un occhio sulle licenze, consegnando lo stipendio (si tratta di una cifra standard che va dai 1400 ai 3000 euro in caso di missioni) direttamente al legionario che diligentemente lo conserverà sotto il famoso Képì Blanc, il caratteristico cappello bianco della Legione, il quale, a fine permesso, misteriosamente, tornerà vuoto, perché per sua stessa natura un Legionario non penserà mai a mettere soldi da parte per comprare l’automobile nuova, la casa con la piscina. Egli vive al momento, dorme accanto alla donna che per la notte lo ha conquistato, sapendo che forse nemmeno troppo difficilmente, non la rivedrà più. Questo è appunto un aspetto fondamentale della vita del volontario, la figura della cosiddetta ”Donna del Legionario”, l’amante, il porto in cui curare le proprio ferite, fisiche e non. I continui spostamenti, l’instabilità della realtà a cui l’uomo fa capo, fanno sì che spesso essa sia una prostituta, un amore fugace che scivola via, ma che, forse inconsapevolmente, salva la vita al legionario più di chiunque persona, più di qualunque concetto. Ovunque sia dispiegato, il Legionario cercherà sempre quella figura che ad ogni licenza, ad ogni permesso, gli regalerà l’intensità di un amore improbabile ed estremamente prezioso. E così, chiuso questo suo sfumato approccio al mondo esterno, il soldato ora momentaneamente libero dai propri spettri, tornerà a passo di marcia alla vita che si è scelto, scrivendola passo per passo, proiettile dopo proiettile, lettera dopo lettera.