“SOLTANTO TU SEI REALE”
“SOLTANTO TU SEI REALE”

“SOLTANTO TU SEI REALE”

Di: Michela Bianconi

Amore come corrispondenza e corrispondenze d’amore

«APRILE, Rainer, il nostro mese…Il mese precedente quello che ci unì.

Quanto debbo pensare a te, e questo non succede per caso…

Se per anni fui tua moglie, ciò avvenne perché per la prima volta tu fosti la mia prima realtà,

corpo e anima uniti in modo indissolubile, dato di fatto incontrovertibile della vita.

Davanti a te avrei potuto professare parola per parola quello che tu professasti come tuo credo:

Soltanto tu sei reale”. Per questo fummo sposi prima ancora di diventare amici,

e amici diventammo non per elezione, ma per nozze celebrate clandestinamente.

In noi non erano due metà che si cercavano:

un’integrità si riconobbe meravigliata nel fissare un’integrità inafferrabile.

Fummo così fratello e sorella – come all’alba della storia,

prima che le nozze tra fratelli diventassero un sacrilegio…»

(Lou A. Salomè, in una lettera a Rilke)

Parlami d’amore, poeta.

La letteratura c’ha abituato fin troppo bene. Da Dante e la donna sua che tanto gentile e tanto onesta pare, e Petrarca, con Laura dai bei capei d’oro, passando per Rilke e Jane Austen, fino ai nostri moderni poeti contemporanei e i nostri cantanti. L’amore è quel fuoco che non solo surriscalda cuori e corpi, ma eccita l’aria e l’aria è immaginazione. E così, un po’ come accade con una mongolfiera, ci ritroviamo a sognare, ci ritroviamo a veleggiare verso altri mondi, verso altri porti. E persino il nostro piccolo, tiepido, angolo ci sembra improvvisamente diverso. Possiamo finalmente guardarlo da un’altra prospettiva.

Perché in fondo è così. Gran parte delle storie d’amore nasce dall’immaginazione.

E forse non ce ne rendiamo conto. Forse non ci badiamo.

È anche questo un altro grande stratagemma di questa magica emozione che pure un famoso analista junghiano, Aldo Carotenuto, non esitò a definire malattia. Perché in fondo ammettiamolo: quando siamo innamorati qualsiasi sensazione cambia, la percezione della realtà si altera e quello che altrimenti non avremmo che potuto definire “stronzo/a” in realtà si rivela essere l’uomo (o la donna) più affascinante, quello/a senza il/la quale non potremmo vivere.

Eppure i poeti ce l’hanno detto.

Loro, che nella loro ispirazione si sono fatti maestri nell’esplorazione dell’animo umano, lo hanno scritto e trasmesso in tutte le salse. L’amore è un trucco: ed è il trucco dell’immaginazione.

E così Dante amò Beatrice fin dal primo momento che la vide.

Così come Lou Salomè si sentì sposa di Rilke ancor prima che essergli amica.

Un trucco, questo, di cui persino Kafka fu “vittima”, come si può ben apprendere dalla sua florida corrispondenza con la giovane ceca Milena Jesenská, lettere di cui scrisse diffusamente Pietro Citati, in un bellissimo articolo sul Corriere della Sera (1 settembre 2014), affermando che: subito Kafka avvertì, in lei, «il fuoco» della passione: lei era fuoco e le sue lettere generavano fuoco, e lui era come il moscerino o la farfalla dell’apologo iranico, che si bruciava alla fiamma. Senza essersi mai conosciute, le due anime si accesero l’una dell’altra: la divisione le teneva unite più della vicinanza; non era necessario il gesto dei corpi, bastava l’impulso incontaminato del desiderio, come se solo la distanza potesse cancellare il limite della persona. 

Ecco, allora, l’immaginazione che unisce.

Quell’opportunità che ci si offre e che può collegarci agli altri.

Quando non ci sono corpi per unirsi, sono infatti le immagini che ci consentono di farlo. Le immagini della nostra psiche che, come in un romanzo, ci mettono l’uno di fronte all’altro e, attraverso un foglio bianco, come nel caso degli antichi poeti, ci portano a modificarci e modificare i nostri rapporti con l’Altro. E allora ciò che io avrò da aggiungere o togliere l’altro può vederlo e viceversa, ritoccando insieme, con pennelli invisibili, la stessa identica tela, cambiandola e trasformandola di volta in volta, cambiando prospettive e punti di vista, ruotandola tra le mani in questo spazio non spazio che l’anima colma attraverso l’immaginazione.

Finché l’altro non diventa reale.

Finché cioè non ci si può incontrare e incontrare davvero.

È così che la nostra psiche ci prepara.

Avvicinandoci pian piano, ma avvicinandoci prima ad una distanza immaginale.

È così che nasce e si rafforza il desiderio.

È così che si colma la distanza.

Ecco allora che, in periodi di separazione come quelli che stiamo vivendo, le esperienze dei poeti che narrano di grandi amori che nascono, sussistono e resistono ai tempi e alle distanze, sono fondamentali.

Perché l’immaginazione non è solo un trucco o una magia azzardata.

L’immaginazione ci tiene in vita. E non solo qualora ci trasporti in mondi e terre sconosciute o quando si confonde con la fantastica avventura ludica dei bambini. Essa ci offre spunti per attraversare la vita. È la barca che viene a salvarci in mezzo al mare.

Quella fiamma che riscalda e che trasforma tutto ciò che vi è posto in contatto, muovendosi e modificando se stessa per prima.

APRILE, Rainer, il nostro mese…Il mese precedente quello che ci unì.